L’emetofobia è la paura eccessiva e quasi sempre ingiustificata di vomitare: per chi non conosce questa forma di paura, il problema può apparire di facile risoluzione, invece chi ne è afflitto subisce un disagio importante.

Nel vaglio delle molteplici tipologie di paure che affliggono l’essere umano, ve ne è anche una che, ai più, può risultare sconosciuta. Si tratta dell’Emetofobia.

Cos’è l’Emetofobia

Questo è il nome che richiama la paura vissuta in maniera eccessiva, e quasi sempre ingiustificata, di vomitare. È una dimostrazione emotiva che nasce a prescindere dalla presenza di un malessere fisico (come ad esempio nausea a seguito di un’eccessiva nutrizione, difficile digestione o situazione legata ad una gravidanza).

Che conseguenze può avere questo disturbo?

Per chi non conosce questa forma di paura, il problema può apparire di poca importanza o di facile risoluzione. In realtà, chi ne è afflitto, subisce un disagio molto importante, che incide in maniera più o meno significativa sulla vita di tutti i giorni, in quanto può ingenerare stati ansiosi, che possono tradursi, in particolare, in ansia sociale, agorafobia, attacchi di panico o anoressia nervosa.

Risulta, inoltre, difficile diagnosticarlo proprio per la possibilità di confondere la sintomatologia con altri disturbi, come quelli appena citati; oltre al fatto che, spesso, è una condizione poco conosciuta dal personale sanitario che non abbia specializzazione in merito. 

Le conseguenze sono considerevoli: nei bambini, cosi come negli adulti, questa fobia potrebbe tradursi in comportamenti di evitamento delle situazioni temute. Infatti una delle caratteristiche dell’Emetofobia è data dalla sua irrazionalità che va a pesare sui comportamenti quotidiani. Ciò si traduce spesso nella volontaria eliminazione di determinate attività o luoghi poiché creatori di timori, sino ad incidere sulle abitudini alimentari dell’individuo: invero, spesso, chi è afflitto da questa fobia tende a mangiare molto meno per la paura di vomitare successivamente. Questo potrebbe portare alla nascita di problematiche alimentari come l’anoressia. Le conseguenze che si possono riscontrare nella vita quotidiana attengono al tipo di comportamento tenuto da chi ne soffre.

Ci si riferisce ad atteggiamenti dell’individuo emetofobico tendenti al controllo ed all’ipervigilanza, dovuti al fatto che tale soggetto ha il timore di perdere la gestione della situazione. Nella pratica, ciò si traduce in comportamenti volti a ridurre, o credere di diminuire, le possibilità di vomitare. Ad esempio: eccessiva cottura di cibi nella convinzione che così possano esser decontaminati da qualcosa che possa causare un rigurgito; non mangiare oltre una certa quantità di cibo, o non cibarsi del tutto, nella convinzione che sia più difficoltoso subire stimoli di rigetto di quanto ingerito (con conseguente serio rischio di sottonutrizione fino ad arrivare all’anoressia); evitare di frequentare luoghi in cui ci sia consumazione ed odori di cibo (come ristoranti e bar); mangiare lentamente o mangiare da soli a casa; eccessivo lavaggio delle mani, piatti o altri oggetti utilizzati per preparare o consumare i cibi.

Tutto il complesso di circostanze come quelle appena enunciate, portano gli emetofobici a sviluppare una spiccata sensibilità al disgusto. Infatti, un’accentuata sensazione di disgusto porta ad una superiore sensibilità che, a sua volta, riconduce ad un aumento del rischio di percepire la sensazione di vomito.

Chi è afflitto da questa fobia, vede notevolmente compromessa, o quanto meno difficoltosa, la propria vita sociale, quella di coppia o lavorativa sino ad arrivare, nelle donne, ad un rifiuto totale, o ad un ritardo, della possibilità di avere una gravidanza. 

Cause della fobia

L’origine di questo disturbo emotivo può essere riscontrato, tanto in tenera età, quanto in età adulta. Nel primo caso, laddove non si affronti il problema con trattamenti specifici, c’è la possibilità che il problema si cronicizzi.  Quando si palesa in età adulta, è spesso collegato ad eventi traumatici (come, ad esempio la perdita di una persona cara) o, comunque, da eventi negativi collegati a problematiche di salute (come, ad esempio, episodi di intossicazione alimentare o a situazioni di malessere concluse con episodi di vomito). 

Epidemiologia

Nell’immaginario comune, questo tipo di problema è poco avvertito anche, e soprattutto, perché è poco conosciuto dalla generalità delle persone (anche da parte di chi ne soffre) ed è stato poco oggetto di studi scientifici che abbiano approfondito la materia. 

Nonostante questo, l’Emetofobia è più diffusa di quello che si possa immaginare. Si stima che ne soffra, seppur nella sua espressione più lieve, fino al 3% degli uomini e fino al 7% delle donne.

Trattamento

Le cure di questa problematica possono avere più o meno efficacia in base a quando interviene la diagnosi. Se questa è tempestiva, naturalmente, aumentano le possibilità di esito positivo. Qualora fosse eccessivamente tardiva, il probabile insuccesso potrebbe essere determinato dal verificarsi di un alto numero di abbandono della terapia.

Per questo motivo, è altamente consigliato rivolgersi ad uno psicoterapeuta non appena si palesino i primi sintomi, così da poter inquadrare la situazione nel miglior modo possibile e, qualora si trattasse di emetofobia, iniziare il percorso di cura più adeguato al caso concreto.

I trattamenti più indicati per questo disturbo sono: la psicoterapia cognitivo comportamentale (CBT), la Terapia Breve Strategica, la Desensibilizzazione e Rielaborazione attraverso Movimenti Oculari (EMDR).

Per ulteriori informazioni contatta lo Studio della Dottoressa Fusè.